top of page
Premi e riconoscimenti
Mostre
PUNTI DI VISTA

 

Fotografare significa in primo luogo vedere e fissare uno sguardo; e quel particolare modo di vedere la realtà del fotografo diventa anche dello spettatore che guarda l’immagine di quella visione: in questa correlazione s’istituisce una “induzione” dello sguardo, tramite un processo selettivo. L’azione del fotografo si ripercuote direttamente sull’osservatore, che viene guidato in quella direzione precisa e fissa: la fotografia diventa in questo scrittura, trasmette concetti diretti.

In questo la fotografia è l’arte del sapere dove stare, perché si costruiscono punti di vista, e le immagini possono divenire a loro volta dei luoghi da cui guardare oltre.

Prima di scattare un foto si è già formata la “messa in scena” nella nostra mente, è stata immaginata. Il fotografo seleziona dalla realtà alcuni “segni” confusi con tanti altri, li inserisce in un’inquadratura e costruisce così una nuova configurazione: intravede nella realtà un’immagine, o meglio, la riconosce perché l’aveva già immaginata.

Esiste in sostanza un parallelismo tra il percorso di avvicinamento al soggetto fotografico ed il processo progettuale architettonico, ci sono gli stessi tentativi, scarti e prove, misurazioni…. Così come un progetto di architettura dovrebbe essere cosciente della realtà analizzata e conosciuta in cui calarsi, in cui istituire relazioni e prefigurare scenari, allo stesso modo il fotografo deve intuire il luogo della ripresa ed analizzarlo a ritroso.

Entrambi debbono cercare un coinvolgimento nello spazio, hanno l’obbligo di fare delle scelte: l’architetto media una trasformazione della realtà, il fotografo produce immagini mediate della realtà.

Il fotografo capita nel luogo della costruzione architettonica seguendo un proprio percorso, seleziona e mette in sequenza immagini del tutto parziali ed arbitrarie, in pratica costruisce un altro contesto in cui lo spettatore è costretto a rileggere e rivedere quell’architettura, le trasformazioni operate nello spazio, cioè la risultante di un progetto. Per questo si deve parlare a buon diritto di “trascrizione” fotografica, poiché il contesto è sempre ridefinito, da percorsi e relazioni inaspettate.

Claudio Zanirato è anche fotografo: l’interesse per la fotografia è nato prima di quello per l’architettura ed hanno proceduto assieme intrecciandosi. Sono stato da sempre affascinato dalla pratica della fotografia territoriale che si è tradotta in molteplici indagini fotografiche, sull'ambiente lagunare veneziano (La Città Riflessa), gli insediamenti industriali emiliano-romagnoli (La città del Lavoro), le realtà balneari italiane (La Città di Sabbia), le trasformazioni delle periferie urbane (La Città Mutevole, La Città InForme), i paesaggi del cambiamento (A Cumuli), lo spazio turistico nelle città d'arte (Lo Spazio Turistico), sondandone valenze spaziali e progettuali. Buona parte di questi lavori sono raccolti in fotolibri tematici e molti scatti hanno ottenuto premi e riconoscimenti in specifiche selezioni fotografiche, con pubblicazioni di settore ed esposizioni.

I primi scatti risalgono al 1980 e fino al 2010 ha lavorato prevalentemente con pellicole Kodakchrome25 e stampando su Cibachrome, proseguendo poi con Velvia50, fino al passaggio digitale nel 2018, utilizzando solo ottiche Zeiss Distagon, Planar e Sonnar per il formato 35mm-full frame.

La Città Riflessa

La Città Riflessa

Città informe

La Città Informe

Carlo Scarpa Architetto

Carlo Scarpa

La Città del Lavoro

La Città del Lavoro

La città di Sabbia

La Città di Sabbia

A cumuli
Spazi di movimento

A Cumoli

Spazio di Movimento

Architetture moderne del ventennio
Lo spazio turistico

Architetture Moderne

Lo Spazio Turistico

La Città Mutevole

La Città Mutevole

Sapzi abbandonati

Spazi Abbandonati

bottom of page